Il Club Degli Incorreggibili Ottimisti

Il Club Degli Incorreggibili Ottimisti è un libro bellissimo.

E forse potrei fermarmi qui. Che ci sono cose che, quando provi a raccontarle, inevitabilmente le rovini.

Se me lo avessero raccontato, se anche solo avessi letto la trama, credo che non l’avrei acquistato.

Perché è un romanzo di formazione e a me i romanzi di formazione, mah. Il Giovane Holder. Siddharta. Norwegian Wood. Fucilatemi, ma non mi hanno emozionato, probabilmente perché li ho letti da grande. C’è un tempo per tutto. I romanzi di formazione sono come l’interrail, gli hot pants, le sbronze infrasettimanali e i fritti per cena: te li godi meglio se hai meno di 25 anni.

Perché è un romanzo storico e i romanzi storici sono impegnativi. Cioè, li puoi leggere anche senza sapere nulla del contesto in cui si svolgono, ma perdi parecchio del loro sapore. E io su date e dettagli storici non è che sia un fenomeno. Una brillante carriera scolastica basata su quello che definisco l’effetto spugna: procrastinare lo studio il più possibile, full immersion sotto data, 9 nel compito in classe, nulla cosmico a poche ore di distanza. Un metodo infallibile per uscire col massimo dei voti, una cagata pazzesca per la cultura generale.

Perché è un romanzo politico e se i romanzi storici sono impegnativi, quelli politici rischiano di essere una mattonata che ciao.

Comunque nessuno me l’ha raccontato, non ho letto la trama ed è stato semplicemente un colpo di fulmine azionato dal titolo quando lo store online di Kobo l’ha inserito tra le offerte del mese.

Nella lettura c’è qualcosa d’irrazionale. Prima ancora d’aver letto, s’indovina subito se un libro ci piacerà o no. Si fiuta, si annusa il volume, ci si domanda se vale la pena passare del tempo in sua compagnia. È l’alchimia invisibile dei segni tracciati su un foglio che s’imprimono nel nostro cervello. Un libro è un essere vivente.

Quindi facciamo ordine.

Sì, è un romanzo di formazione, che ha come protagonista Michel Marini: undici anni, parigino di origini italiane, avido lettore, studente svogliato, ottimo giocatore di calcio balilla, aspirante fotografo.

Sì, è un romanzo storico, ambientato tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60 in una Parigi che fa i conti con il secondo dopoguerra e con il conflitto d’Algeria in corso.

Sì, è un romanzo politico, che parla attraverso le voci e i ricordi di un nutrito gruppo di esuli e fuggiaschi dell’Est Europa, frequentatori abituali di un bistrot dove giocano a scacchi (il Club degli incorreggibili ottimisti, appunto), divisi tra quelli che ancora credono nel comunismo e quelli che lo condannano.

Sì, è tutto questo. Ma anche molto di più.

Il Club Degli Incorreggibili Ottimisti è un ritratto corale dei sentimenti umani: l’amicizia, l’amore, la paura, il coraggio, la passione, la speranza, la delusione, la resilienza.

A comporlo, sono le vite di Tibor, di Imré, di Leonid, di Igor, di Pavel, di Saša e di tutti gli strambi membri del club.

Uomini un po’ a pezzi, saggi, bruschi, silenziosi, ironici, litigiosi, sospettosi, ma ottimisti. Che diventano un nuovo strumento per rileggere e decodificare la vita e i suoi andamenti.

La vita è come le montagne russe. Scendi velocemente, rimani a lungo in basso e risali a fatica.

Io li ho amati, uno a uno. Mi han fatto venire voglia di essere una persona migliore. Di esercitarlo, quell’ottimismo.

Io che, quando incontro persone con cani piccini carini, non posso fare a meno di immaginarmi pure io felicissima padrona di cane piccino carino. Poi penso che, anche se è piccino e carino, caga piscia muore, soprattutto muore, e fine, non me la sento.

Io che il dramma lo vedo ovunque.

Io posso imparare a essere ottimista. O almeno a giocare a scacchi.

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